martedì 30 ottobre 2012

esegesi biblica in quarta elementare


Ad occasionare questo lavoro, il bollettino parocchiale che, nell'articolo di fondo del suo ultimo numero, faceva riferimento alle parabole del buon samaritano (Luca 10, 25, ss.) e del ricco epulone (Lc, 16, 19, ss.).
Partiamo dal presupposto che le due parabole, citate nello stesso contesto, abbiano qualcosa in comune, e ci proponiamo di andarlo a cercare.
Per prima cosa leggiamo i testi.

IL BUON SAMARITANO
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei ladroni i quali, dopo averlo spogliato e coperto di ferite, se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada e, veduto quell'uomo, passò oltre, dall'altra parte. Similmente anche un levita si trovò a passare da quel luogo, lo vide e passò oltre, dall'altra parte. Ma un Samaritano, che era in viaggio, passò accanto a lui, lo vide e ne ebbe compassione. E, accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. E il giorno dopo, prima di partire, prese due denari e li diede al locandiere, dicendogli: "Prenditi cura di lui e tutto quello che spenderai in più, te lo renderò al mio ritorno". Quale dunque di questi tre ti pare sia stato il prossimo di colui che cadde nelle mani dei ladroni?». E quello disse: «Colui che usò misericordia verso di lui». Gesù allora gli disse: «Va' e fa' lo stesso anche tu.
IL RICCO EPULONE
C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 

Occorrono alcuni chiarimenti lessicali:
incappare = imbattersi;
percuotere = picchiare;
levita = appartenente alla tribù di Levi (una delle dodici tribù d'Israele);
Samaritano = abitante della Samaria (regione della Palestina), cioè uno straniero;
giumento = mulo;
locanda = alberghetto;
rifondere = restituire;
prossimo = vicino;
epulone = mangione;
porpora = colorante molto costoso che si ricavava da un mollusco;
bisso = una specie di seta, anch'essa ricavata da un mollusco, dunque costosa;
banchettare = mangiare con abbondanza;
lauto, lautamente = abbondante, abbondantemente;
brama, bramoso = desiderio, desideroso;
seno = in questo caso ambito, vicinanza.
A questo punto gli alunni sono in grado di disegnare le due parabole (in quattro vignette, Il buon Samaritano, in una sola Il ricco Epulone), che sono state precedentemente drammatizzate, per concentrare l'attenzione sul gioco degli sguardi. (disegni di Andrea)



























La maggior parte degli alunni non ha difficoltà ad individuare le tre analogie:






e a giungere a una prima conclusione.
Don Andrea ci ha proposto di leggere assieme queste due parabole, perché in ambedue si parla di qualcuno che distoglie lo sguardo.

La successiva discussione ci permette di compilare questo schema:
superiori
sacerdote
levita
ricco
ignorano
inferiori
straniero
cane
hanno pietà
con conseguente seconda conclusione:
i cosiddetti superiori si comportano peggio di quelli che sono considerati inferiori.

Un nuovo schema ci aiuta, invece, a trovare una differenza:
Tutti ignorano il viandante ferito, tranne il Samaritano.
Tutti (persino il cane) si accorgono di Lazzaro, tranne il ricco.

che ci permette di affermare un'equivalenza:
sbagliare in tanti = sbagliare da soli.

Ancora uno schema che ci permette una seconda equivalenza
Il sacerdote e il levita non hanno ferito il viandante.
Il sacerdote e il levita non soccorrono il viandante.
Il ricco non è responsabile della miseria di Lazzaro.
Il ricco non soccorre il povero Lazzaro.
Cioè: non fare il bene = fare il male

A questo punto ci sembra di aver capito, nei dettagli, le questioni su cui don Andrea ci invitava a riflettere.

Allo scopo di verificare la comprensione del ragionamento, si invitano gli alunni a questo esercizio di parafrasi.
Riscrivi la parabola «Il buon Samaritano» trasportandola dall'antica Palestina a un moderno paese della Pianura Padana.
Sostituisci i personaggi originali con:
il sindaco Peppone,
il parroco don Camillo,
il postino Alfredo, che si è ubriacato ed è caduto in un fosso,
Abdul, venditore ambulante di cose inutili.

Con una mia (relativa) sorpresa, mi accorgo che almeno tre alunni (senza particolari difficoltà logiche) hanno grandi difficoltà a far assumere il ruolo positivo ad Abdul.
Siccome si tratta di un lavoro di sostituzione abbastanza meccanico, ipotizzo che le difficoltà derivino da resistenze, sostanzialmente inconsce, rieccheggianti quei discorsi familiari, gravidi di razzismo travestito da buon senso, che si sono ormai tristemente diffusi, soprattutto nei ceti popolari.
È un sintomo del fatto che, con buona pace del comportamentismo, è soprattutto la sfera affettiva ad influenzare, o addirittura ad inibire le capacità cognitive.
La maggior parte degli alunni, comunque, esegue correttamente, con minore o maggior voglia, il lavoro proposto.
Buono il tentativo di Alessia di ambientare la storia nella realtà locale.



Il postino Alfredo, che come suo solito si è ubriacato, è caduto in un fosso nel paesino di Lumellogno, luogo dimenticato da Dio nel cuore della Pianura Padana.
Dopo qualche ora, il primo cittadino, cioè il sindaco, passò per quella strada, lo vide, e passò oltre.
Successivamente, il parroco, don Camillo, andò per quella medesima strada, lo vide, e passò oltre.
Dopo qualche minuto, arrivò Abdul, il venditore ambulante di cose inutili, lo vide e ne ebbe compassione. Lo curò con le cose che aveva, poi lo portò al circolo “I gatt da 'Mlogn” e disse al barista: «Curalo e abbine cura! Poi ritornerò da te e ti rimborserò».



Così rappresenta la nuova storia Andrea G.





















A questo punto viene proposto un ulteriore sforzo.

Don Andrea, però, nel bollettino parrocchiale, diceva anche che bisogna soccorrere non solo i bisogni materiali (povertà, malattia, …), ma anche quelli morali che possono derivare da condotte di vita sbagliate. Quindi, Abdul, dopo averlo curato, dovrebbe dare qualche buon consiglio ad Alfredo.

Qui, facendo riferimento a criteri più salutistici che morali, la risposta suggerita è più in sintonia con l'etica pragmatica di oggidì e tutti centrano il bersaglio, consigliando ad Alfredo una maggior temperanza.







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