martedì 29 ottobre 2013

Giselle non è Antigone


Circola su Facebook questo video, accompagnato da entusiastici commenti per l'esibizione fuori dagli schemi della piccola ballerina.
E' innegabile che il risultato sia molto divertente e che la bimba dimostri anche un certo talento, ma molti credono di vedere, in quest'uovo fuori dal cesto, non so qual'affermazione di libertà e personalità, in opposizione alla mediocrità di schemi standardizzati imposti.
Niente di tutto questo, naturalmente, l'età della piccola show girl osta a questa interpretazione, che è, evidentemente, una proiezione del nostro ragionar da adulti.
La bambina non ha scientemente rifiutato. perché goffi e uggiosi, i passi di danza suggeriti dal coreografo, né li ha mancati per incapacità di riprodurli, semplicemente non si è mai posta il problema di imitarli.
La piccola non ha ancora interiorizzato la differenza tra espressione del proprio io e esecuzione di un compito.
Sebbene sia antipatico come è antipatico l'affermare la non esistenza di Babbo Natale, bisogna concludere che questa bimba fa fatica ad evolversi dall'egocentrismo neonatale e a maturare una più adeguata socializzazione. E' in ritardo rispetto alle sue noiose e conformiste compagne di corso.
Non c'è da preoccuparsene, le spettano ancora almeno un paio di anni di scuola materna in cui recupererà tutto il terreno perduto.
Capita, però, che arrivino in prima elementare bambini ancora a questo livello. Vengono spesso da situazioni socialmente e culturalmente deprivate, in cui l'insufficienza di stimoli non ha promosso un'adeguata evoluzione, oppure, pur proveniendo da ambienti evoluti, sono stati rafforzati, nella fissazione di comportamenti della prima infanzia, dai bamboleggiamenti dei genitori. Di solito, per differenti ragioni, non hanno frequentato la scuola dell'infanzia.
Questi bambini ascoltano con aria attenta le tue spiegazioni e sembrano osservare con altrettanta attenzione lo schema disegnato alla lavagna, ma poi, quando dai loro carta e matita, fanno tutt'altro e raccontano quello che hanno dentro, senza minimamente porsi il problema di eseguire un compito.
Se la situazione non si sblocca in tempi brevi, incancrenisce. Accumulano ritardo, diventano dei BES e bisogna compilare il PDP.
Certe mamme e babbi degli altri, che magari avrebbero apprezzato questo video, vengono a dirti, preoccupati, che ritardano tutta la classe. E bisogna diplomaticamente mandarli a quel paese.
Diversa, sarebbe stata la questione, se la piccola ballerina fosse stata un po' più grandicella di almeno un paio d'anni. In questo caso, il suo comportamento sarebbe stato la manifestazione di un rifiuto esplicito delle convenzioni.
Un clamoroso, e per molti versi geniale, outing di pensiero divergente e l'epifania di una soggettività forte, poco incline a farsi irreggimentare.
Certo, anche in questo caso, il sabotaggio del balletto, avrebbe rivelato qualche conflitto sul piano della socialità, ma si suppone che un bambino capace di un gesto simile, abbia tutte le risorse per vincere la guerra che ha appena dichiarato.
Ancora diverso - e saremmo ancora più avanti nell'età - sarebbe lo scenario se, con questa esibizione, una ragazzina volesse affermare la propria certezza di essere più brava degli altri.
Sono atteggiamenti non rari nell'adolescenza, che stanno proliferando anche grazie a immorali talent show destinati a un pubblico infantile.
Qui non più di soggettività, si deve parlare, quanto di individualismo narcisista.
In questo caso, al termine dello spettacolo, dietro le quinte, occorre una bella sculacciata.    



martedì 22 ottobre 2013

da leggere


Giuseppe Veronica, Hamid non sa leggere. Malessere in classe o malessere di classe? in: "Zapruder" n. 31
in vendita presso Mondo Musica, viale Roma 20 Novara

domenica 13 ottobre 2013

A cosa servono le regole

A scuola ci sono le regole. Non tutti le rispettano, qualcuno non riesce a rispettarle, qualcuno non vuole farlo.
Tra gli insegnanti e i genitori, c'è chi pensa che le regole siano universali, ma è facile capire che non è vero.
A tavola, per esempio, il maiale è impuro per ebrei e musulmani, mentre per i cristiani diventa tale solo di venerdì.
L'esempio non è scelto a caso, perché nei tabù alimentari e nelle buone maniere a tavola hanno origine le civiltà.
Altri pensano che le regole siano naturali: che non si debba uccidere, è condiviso da tutti.
Tranne che dalla natura.


Le regole non sono proprio per niente naturali, anzi nascono proprio per correggere la legge del più forte che vige in natura. E' bene ricordarsene, in un momento in cui, nelle nostre società  chi è economicamente più forte continua a chiedere ogni possibile deregulation.
Infine, si pensa che siano giuste, ma anche in questo caso occorre andarci cauti. Certe regole degli antichi Romani a noi non sembrano più, giuste e quello che sembra giusto in oriente non sembra tale in occidente e viceversa.
Il concetto di giustizia cambia nel tempo e nello spazio.
Dunque l'unica opzione rimasta è che le regole siano utili.
Si fondano e si condividono, dunque, sulla base della loro efficacia. In primo luogo relativamente alla sicurezza e incolumità di ognuno e secondariamente ai fini di assicurare le condizioni migliori per insegnare e imparare.
Ovviamente devono però essere anche temperate: legare e imbavagliare i bambini è un modo sicuro per garantirsi che non si facciano male e che non disturbino le lezioni, ma non credo si possa fare.
Per quanto siano utili e vengano temperate le regole non soddisfano tutti, né potrebbero farlo: ogni individuo, ogni famiglia, ha un suo universo morale - e addirittura un proprio privato linguaggio - rispetto al quale ogni regola posta dal di fuori può collimare solo in parte, o addirittura non collimare affatto.
Per quanto riguarda gli adulti, è evidentemente lecito che possano mettere in discussione le regole. Il problema è trovare la sede opportuna per farlo, che non può essere né il capannello delle mamme fuori scuola - che lo ridurrebbe a pettegolezzo inutile e fastidioso - né il colloquio con l'insegnante, perché le regole non sono oggetto di contrattazione privata.
Evidentemente l'unica via percorribile è quella della assemblea di classe, dove ognuno si assume le proprie responsabilità e condivide osservazioni, considerazioni e proposte.
I bambini, invece, non devono nemmeno sognarsi di mettere in discussione le regole, e non vanno incoraggiati a farlo.
Ma, si può obiettare che i genitori potrebbero condividere le critiche che il bambino fa alle regole.
Facciamo finta che sia così (in realtà il bambino critica le regole quando sono in contraddizione con quelle a cui è stato abituato, e quindi è lui che condivide l'universo normativo dei genitori, e non il contrario), in questo caso, il genitore dovrebbe comunque invitare il bambino a rispettarle.
Questo perché quello che abbiamo detto prima, circa l'utilità delle regole, è solo parzialmente la verità. 
In realtà la funzione principale delle regole nei primi anni di scuola è quella di stimolare lo sviluppo sociale del fanciullo.
Il bambino appena nato, dopo nove mesi di full immersion nel liquido amniotico, ha difficoltà a distinguere i confini tra se stesso e il mondo. E' convinto, anzi, di essere lui tutto il mondo che c'è.
Quando poi comincerà a distinguere tra interno ed esterno, continuerà a lungo a credersi il centro del mondo.
Nel suo rapporto con la mamma verificherà le prime contraddizioni di questa sua convinzione. Ma fin quando il rapporto è tra due poli, è difficile distinguere le cause dagli effetti, e il bebè resterà molto egocentrico.
Solo con il rapporto con il papà, o chi per esso, cioè con la costituzione di una triangolazione, il bambino sarà finalmente sufficientemente decentrato e padrone della propria soggettività.
Qui comincia un percorso di socializzazione che, all'ingresso della scuola materna è già a uno stadio avanzato.
Il bambino ha già appreso delle regole, sa quello che la mamma, il papà e i nonni approvano o disapprovano.
Ma tende a ritenerle assolute. Sarà proprio il confronto con il più ampio ambiente sociale della scuola che gli permetterà di relativizzarle.
Dunque le regole servono soprattutto al bambino sul piano cognitivo e non normativo, gli servono più per imparare ad imparare che non per comportarsi bene.
Ne consegue che gli farebbe bene, per lo sviluppo delle sue capacità, adeguarsi anche a una regola arbitraria (purché non criminale).
I piccoli, dunque, osserveranno anche le regole che a papà e mamma non piacciono. Poi. se tutti insieme vorremo cambiarle, tanto meglio.
m. p. 









sabato 12 ottobre 2013

come è percepita la scuola italiana?

Lo staus degli insegnanti italiani è considerato tra i più bassi. Peggio di loro, solo i colleghi israeliani, brasiliani e della repubblica ceca.
Solo il 30% degli Italiani, pur in questi tempi di incertezze, consiglierebbe al proprio figlio di fare l'insegnante.
Per il 45%, gli insegnanti, di ogni ordine e grado, sono poco rispettati dai loro allievi.
Malgrado ciò, la scuola italiana si classifica al secondo posto, tra i paesi europei, per la capacità degli insegnanti di influenzare (ci si augura, positivamente) i loro allievi.