sabato 30 novembre 2013

perché non sono contrario all'IRC

Sono cresciuto in una città di provincia. Le scuole dei miei tempi erano permeate di una oppressiva e torbida ideologia in cui l'oscurantismo cattolico del papato di Pio XII si mescolava a una retorica patriottarda mutuata, con superficiale cosmesi, da un tragico ventennio, frettolosamente archiviato .
Si diceva, allora, clericofascismo. E non si sbagliava.
Si cominciava, ogni mattinata di scuola, con l'avemaria e il padrenostro e ci si alzava, dritti sull'attenti, quando la radio scandiva le prime battute dell'Inno di Mameli.
Una volta alla settimana, entrava in classe il prete, a spiegarci cos'era peccato. Il catalogo del prete adeguava le trasgressioni ai dieci comandamenti alle situazioni spicciole, banali e quotidiane, onde potessimo facilmente renderci conto di essere, noi tutti, inveterati peccatori, ma soprattutto che tali erano, e ormai incalliti, i nostri genitori.
Era un trauma settimanale, in cui i più sensibili accumulavano materiale per depressioni e nevrosi future.
Il risultato di questa propaganda battente era sorprendente: l'80 per cento dei maschi smetteva di andare a messa entro la terza media.
Ma non è per questa interessante produzione di agnosticismo, che sono favorevole all'insegnamento della religione nelle scuole, ma per diverse altre ragioni.
Le prime sono di ordine cognitivo. La religione cattolica, la sua liturgia e i suoi dogmi permeano la nostra cultura. 
Metà del Louvre, o degli Uffizi, resterebbe per noi muta e incomprensibile, se non sapessimo in qualche modo ricollegarne i quadri alla storia che raccontano e ai simboli che sottendono. Penosa diventerebbe, la lettura della Divina Commedia, ridicola, senza l'immanere della Provvidenza, quella de I Promessi Sposi.
Ma se in questi ultimi due casi il danno sarebbe solo quantitativo, trattandosi di opere colte nate per un pubblico colto, per l'arte figurativa si farebbe un sensazionale passo indietro qualitativo, consegnando alla comprensione dei dotti l'interpretazione di immagini destinate in origine, come utile promemoria, proprio alle plebi analfabete.
La seconda ragione è di ordine antropologico. La secolarizzazione ha assunto, nelle scuole, le forme di una reticente omissione. La domanda sul sacro è elusa e rispedita al mittente, alle famiglie. Una condivisione sociale del tema, anche sotto forma di conservazione del patrimonio leggendario, è esclusa.
Ma le domande senza risposta si riaffacciano nel tempo. Halloween al posto della festa dei morti e Babbo Natale al posto di Gesù Bambino confinano il sacro nel circuito commerciale, e dal circuito commerciale arriveranno le risposte alle domande inevase: oroscopi, fattucchiere, magia e religioni sincretiche sono oggi, alla faccia del progresso, un ottimo bussines.
La terza considerazione è di carattere etico. L'ora di religione è una delle poche occasioni scolastiche in cui si può discutere di questioni morali, l'unica - con la filosofia ai licei - in cui sia ormai lecito farlo. L'alternativa è il più assoluto relativismo che, se apprezzabile dal punto di vista del rispetto delle diverse idee, ha un limite epistemologico insuperabile, rinunciando alla discriminazione tra vero e falso.
Siamo un paese che si dichiara ancora cattolico, che sia fatto almeno da buoni cattolici. 
Abbiamo visto all'opera, negli ultimi anni, un cristianesimo fai da te, funzionale ai più miserabili egoismi. Che dio (appunto) ce ne liberi!
E' opportuno che chi si preoccupa delle proprie radici sia adeguatamente informato a riguardo, potrebbe così scoprire che gli alberi, in realtà, si riconoscono dai frutti.


  



venerdì 29 novembre 2013

omaggio a Wilhelm Reich

Quando ero bambino io, il trucco era quello: giocare al dottore.
Ma era un gioco proibito, guai se ti beccavano a farlo.
Erano altri tempi, c'era ancora PioXII e nelle scuole comandavano i preti.
Se ti toccavi, san Luigi piangeva, figuriamoci se toccavi un altro.
Adesso è tutto cambiato e se guardi il pisello di un compagno, san Luigi non piange più.
Ma insorgono i democratici e i pacifisti, perché chi inizia certi giochi è di sicuro imputabile di bullismo.
Se poi i suoi interessi convergono su una bambina, apriti cielo! siamo all'anticamera del femminicidio.
Quando si dice il progresso.

mercoledì 20 novembre 2013

i pidocchi e il muro di Berlino


Crapa pelada la fà i turtei

Ghe nè dà minga ai soi fradei,

I so fradei fan la frittada

Ghe ne dà minga a Crapa pelada.


Il pidocchio dà fastidio, prude e infesta tutti e, a differenza della zanzara, è personale e imbarazzante come un peto.
Sa di sporcizia e miseria, il pidocchio, e dio avrebbe fatto una cosa saggia, assegnandolo d'ufficio solo agli zingari.
Invece no, l'orrida bestiola è, più di qualsiasi monumento o documento, patrimonio dell'umanità tutta.
Prediligono, i ributtanti anopluri, le grandi comunità: le carceri un tempo ne traboccavano, per non dire delle caserme, ai tempi in cui la naja era ancora cosa seria.

La signora Musso con i bambini del Dominioni
Per questa ragione, galeotti, soldati e collegiali avevano regolarmente i capelli rasati a zero: prevenzione.
I miei compagni di scuola del "Dominioni" avevano tutti la crapa pelada.
Ma alla Cascina Bellaria e alla bidonville della Piazza d'Armi, dove viveva una buona parte dei bambini che frequentavano la mia scuola, il parassita era di casa (senza contare le caserme in cui erano stipati alla bell'e meglio i profughi istriani e gli alluvionati del Polesine). Cononostante, né a me, né ai miei fratelli capitò mai di portare a casa il noioso ospite e di doverci sottoporre alla maleodorante disinfestazione col petrolio.
Visita medica a scuola

A quei tempi, difatti, l'Ufficio di Medicina Scolastica se ne occupava e spesso arrivavano, alla Rosmini, le vigilatrici sanitarie, che un'occhiata in testa ce la davano.
I portatori di pidocchi venivano allontanati da scuola e, per tornarci, dovevano passare dall'Ufficio d'Igiene.

Immagino che in queste occasioni, sui poveri si infierisse. A quei tempi non si perdeva l'occasione di umiliarli, soprattutto nelle nostre scuole, egemonizzate da cattolici del Sillabo, che tradivano però un'inquietante deriva luterana, applicando ai poveri la dottrina della predestinazione della grazia.
La carità pelosa della san vincenzo di allora prevedeva un fervorino complementare all'elemosina, anche se il pio proposito di correggere quei viziosi straccioni era considerato utopia. Ci si accontentava di farli sentire un po' in colpa, soprattutto i bambini: che sapessero che i loro babbi erano scioperati e ubriaconi, e le loro mamme zoccole, o quasi.
Per questo, quando queste pratiche furono messe in soffitta, noi tutti - e intendo noi democratici - ne fummo lieti, quasi non fosse possibile eliminare gli atteggiamenti arroganti, se non rinunciando tout-court alla vigilanza sanitaria.
In verità si sarebbe potuto continuare a vegliare su salute e benessere dei bambini, mettendo rigorosamente al bando gli approcci inquisitori di assistenti sociali, vigilatori sanitari, maestri e altri improvvisati e volontari questurini.
1989, cade il muro
Il fatto è che, nel frattempo, era caduto il muro di Berlino e dilagava in Europa il similoro dell'individualismo reaganiano.
Lo Stato, improvvisamente, era diventato un padre-padrone che si arrogava il compito di decidere per conto - e contro la volontà - dei cittadini maggiorenni. Non se ne poteva più, ci voleva una robusta deregulation.
Se dunque prima, sia pure attuata talvolta con forme di autentico sadismo antipopolare, si aveva la concezione di una responsabilità sociale nel mantenimento e diffusione del benessere e del suo contrario, ora prevaleva l'idea di un'assoluta responsabilità individuale.
Ovviamente questa nuova concezione portava a compimento teorico quell'inconscio luteranesimo d'accato di cui si è detto, ma nessuno, comunque, se ne è accorto. Siamo diventati tutti individui liberi e uguali e questo è sembrato un passo avanti.
Ognuno ha quindi ereditato la piena titolarità dell'onere di difendersi, senza più presidi sociali e legali che possano tutelarti come membro di una formazione sociale. Tu sei tu e non sei più né un operaio, né un pensionato, né uno scolaro.
Naturalmente le asserite libertà e uguaglianza perdono un po' di fascino quando, nel sottoscrivere il contratto con l'altrettanto libera, e a te uguale, Enel, verifichi che il tuo unico potere contrattuale consiste nella possibilità di rinunciare alla luce elettrica, ma tant'è, si tratta di indesiderabili, ma inevitabili, effetti secondari.
Nella nuova società che, con il fattivo aiuto dell'Europa, stiamo costruendo, le mediazioni politiche non si basano più sulla superata idea del confronto tra rappresentanze di interessi delle diverse categorie sociali, ma su quello, più pragmatico di lobby agguerrite.
Ce n'è di deboli, di forti e di fortissime: quella dei genitori di bambini con i pidocchi vale zero. Quella delle industrie farmaceutiche è fortissima.
Il pidocchio produce un interessante giro d'affari e quindi l'epidemia non finirà mai.