sabato 12 maggio 2012

l'autonomia dei fichi secchi

pietro morando, il mendicante






nel 2005 (e nulla, da allora, è cambiato nel sistema educativo italiano), eurydice produceva una sintesi comparativa sull'autonomia scolastica in europa.
per valutare il grado di autonomia di sistemi scolastici molto diversi tra loro, furono fissati sei parametri:
- l’offerta educativa
- i contenuti e processi di insegnamento
- i regolamenti e l’organizzazione scolastica
- le risorse finanziarie e materiali
- le risorse umane
- i finanziamenti privati.  
Se si osservano le relative tabelle ci accorgiamo subito di un dato: tutto ciò che è stato (totalmente, o parzialmente) concesso, in relazione ai primi cinque parametri, lo si poteva fare anche prima dell'autonomia.

in particolare, per quanto riguarda le risorse finanziarie, si deve notare che il budget è, in realtà, un trasferimento dal centro, sulla base di parametri fissi, e che le autorizzazioni alla spesa perdono molto del loro fascino, poiché nullificate dalla mancanza di fondi.
il capitolo più innovativo è quello relativo ai finanziamenti privati, ma anche qui, laddove non è lettera morta, quel poco che realmente si può fare lo si faceva già prima attraverso marchingegni giuridici (associazioni dei genitori, cooperative miste).
inutile osservare che quest'ultimo capitolo è del tutto teorico (commovente, coi tempi che corrono, l'autorizzazione a contrarre prestiti) e può essere una voce rilevante solo per qualche istituto tecnico in grado di produrre perizie o certificazioni.
comunque, nella presunzione di poter ricevere qualche soldo dai privati (il cui peso, sul bilancio della scuola italiana, sarà comunque difficilmente accertabile, necessitando lo spulcio di tutti i bilanci delle singole scuole), si è cominciato spendendo un bel po' di soldi pubblici.
lo stipendio medio di meno di 30.000 euro del vecchio direttore didattico (+20% rispetto allo stipendio di un insegnante), diventa, infatti, per il dirigente scolastico, uno stipendio tabellare di € 43.310 a cui si deve aggiungere la retribuzione di posizione (fino a 34.195 €/anno), quella di risultato (20% della precedente) e altre indennità, assegno ad personam, RIA, incarichi aggiuntivi (al minimo, +120% rispetto alla retribuzione degli insegnanti).
naturalmente, anche il compenso del vecchio segretario, divenuto dirigente amministrativo, aumenta.
ma non è tutto, essendo la nuova figura assorbita da impegni amministrativi, la parte didattica è delegata ad altri, le cosiddette funzioni strumentali, che si spartiscono, per l'incarico, l'apposita voce di bilancio (circa 8-9.000 euro lordi, per una scuola di 800 alunni). a completare il quadro, aggiungiamoci l'umiliante catalogo dei progetti idioti adottati per la manciata di euro che portano con sé.
questi, con una certa approssimazione, per l'opacità dei dati, sono i conti della serva. sull'altro piatto della bilancia, ci mettiamo la scuola, che non è migliorata. anzi, da quando è autonoma perde costantemente posizioni nei confronti internazionali.
per propiziare questa sciagurata riforma, cui la sinistra non fu estranea, si scomodò, a suo tempo, il nume tutelare del momento, il mercato, nella presunzione che fosse salvifico anche se solo scimmiottato, un nume che negli ultimi tempi ha perso un bel po' di smalto.
era, ovviamente, un omaggio rituale, e nessuno ci credeva veramente, a determinare realmente il varo dell'inutile riforma fu la convergenza di due interessi apparentemente divergenti.
da un lato, la volontà del sindacato confederale, che nel pubblico impiego aveva attuato la cogestione, di premiare i suoi quadri intermedi (quasi tutti i direttori didattici provenivano dalla milizia sindacale).
dall'altro, la convenienza, per la parte politica, di inverare nello status il cambiamento di ruolo che aveva disegnato per i direttori, trasformati dal primus inter pares dei decreti delegati (1973), nel datore di lavoro dei contratti post 1992.
Il sindacato – quel sindacato i cui dirigenti nazionali concludevano la carriera come alti dirigenti dell'amministrazione che avevano contrastato – assecondò, quanto meno sotto l'aspetto simbolico, un disegno di restaurazione autoritaria nella scuola.
servì alla scuola questo ritorno alle origini? pensavamo davvero che per fare la scuola del xxi secolo ci volessero il maestro unico, il grembiulino e le aste? faranno così in quell'europa rompiballe che continua a chiederci qualcosa?
non sarebbe ora di chiedersi se questa riforma, così com'è stata fatta, si possa anche disfare? si ha in italia l'idea che le riforme sbagliate si possono anche accantonare? o dobbiamo trascinarci dietro per sempre odiosi fardelli da imputare – come un peccato originale irredimibile – agli sconfitti titani (mussolini, craxi, berlusconi) di una mitica età dell'oro ormai lontana?
facciamo un referendum?


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