Ad
occasionare questo lavoro, il bollettino parocchiale che,
nell'articolo di fondo del suo ultimo numero, faceva riferimento alle
parabole del buon samaritano (Luca 10, 25, ss.) e del ricco epulone
(Lc, 16, 19, ss.).
Partiamo
dal presupposto che le due parabole, citate nello stesso contesto,
abbiano qualcosa in comune, e ci proponiamo di andarlo a cercare.
Per
prima cosa leggiamo i testi.
IL
BUON SAMARITANO
Un
uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei ladroni
i quali, dopo averlo spogliato e coperto di ferite, se ne andarono
lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per
quella stessa strada e, veduto quell'uomo, passò oltre, dall'altra
parte.
Similmente
anche un levita si trovò a passare da quel luogo, lo vide e
passò oltre, dall'altra parte. Ma un Samaritano, che era in
viaggio, passò accanto a lui, lo vide e ne ebbe compassione. E,
accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi
lo mise sulla propria cavalcatura, lo portò a una locanda e si prese
cura di lui. E il giorno dopo, prima di partire, prese due
denari e li diede al locandiere, dicendogli: "Prenditi cura di
lui e tutto quello che spenderai in più, te lo renderò al mio
ritorno". Quale dunque di questi tre ti pare sia stato il
prossimo di colui che cadde nelle mani dei ladroni?». E quello
disse: «Colui che usò misericordia verso di lui». Gesù allora gli
disse: «Va' e fa' lo stesso anche tu.
IL
RICCO EPULONE
C'era
un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni
banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla
sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che
cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le
sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel
seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando
nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo
e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi
pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito
e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo
rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la
vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e
tu sei in mezzo ai tormenti.
Occorrono
alcuni chiarimenti lessicali:
incappare
= imbattersi;
percuotere
= picchiare;
levita
= appartenente alla tribù di Levi (una delle dodici tribù
d'Israele);
Samaritano
= abitante della Samaria
(regione della Palestina), cioè uno straniero;
giumento
= mulo;
locanda
= alberghetto;
rifondere
= restituire;
prossimo
= vicino;
epulone
= mangione;
porpora
= colorante molto costoso che si ricavava da un mollusco;
bisso
= una specie di seta, anch'essa ricavata da un mollusco, dunque
costosa;
banchettare
= mangiare con abbondanza;
lauto,
lautamente = abbondante,
abbondantemente;
brama,
bramoso = desiderio,
desideroso;
seno
= in
questo caso ambito,
vicinanza.
|
A
questo punto gli alunni sono in grado di disegnare le due parabole
(in quattro vignette, Il
buon Samaritano, in
una sola Il ricco
Epulone),
che sono state precedentemente drammatizzate, per concentrare
l'attenzione sul gioco degli sguardi. (disegni di Andrea)
La maggior parte degli alunni non ha difficoltà ad
individuare le tre analogie:
e
a giungere a una prima conclusione.
Don
Andrea ci ha proposto di leggere assieme queste due parabole, perché
in ambedue si parla di qualcuno che distoglie lo sguardo.
La
successiva discussione ci permette di compilare questo schema:
superiori
|
sacerdote
levita
|
ricco
|
ignorano
|
inferiori
|
straniero
|
cane
|
hanno
pietà
|
con
conseguente seconda conclusione:
i
cosiddetti superiori si comportano peggio di quelli che sono
considerati inferiori.
Un
nuovo schema ci aiuta, invece, a trovare una differenza:
Tutti
ignorano il viandante
ferito, tranne
il
Samaritano.
|
Tutti
(persino
il cane) si accorgono di Lazzaro, tranne
il ricco.
|
che
ci permette di affermare un'equivalenza:
sbagliare
in tanti = sbagliare da soli.
Ancora
uno schema che ci permette una seconda equivalenza
Il
sacerdote e il levita non hanno
ferito il viandante.
|
Il
sacerdote e il levita non soccorrono
il viandante.
|
Il
ricco non è responsabile della miseria di Lazzaro.
|
Il
ricco non soccorre
il povero Lazzaro.
|
Cioè: non
fare il bene = fare il male
A
questo punto ci sembra di aver capito, nei dettagli, le questioni su
cui don Andrea ci invitava a riflettere.
Allo
scopo di verificare la comprensione del ragionamento, si invitano gli
alunni a questo esercizio di parafrasi.
Riscrivi
la parabola «Il buon
Samaritano» trasportandola dall'antica Palestina a un moderno paese
della Pianura Padana.
Sostituisci
i personaggi originali con:
il
sindaco Peppone,
il
parroco don Camillo,
il
postino Alfredo, che si è ubriacato ed è caduto in un fosso,
Abdul,
venditore ambulante di cose inutili.
Con
una mia (relativa) sorpresa, mi accorgo che almeno tre alunni (senza
particolari difficoltà logiche) hanno grandi difficoltà a far
assumere il ruolo positivo ad Abdul.
Siccome
si tratta di un lavoro di sostituzione abbastanza meccanico, ipotizzo
che le difficoltà derivino da resistenze,
sostanzialmente inconsce, rieccheggianti quei discorsi familiari,
gravidi di razzismo travestito da buon senso, che si sono ormai
tristemente diffusi, soprattutto nei ceti popolari.
È
un sintomo del fatto che, con buona pace del comportamentismo, è
soprattutto la sfera affettiva ad influenzare, o addirittura ad
inibire le capacità cognitive.
La
maggior parte degli alunni, comunque, esegue correttamente, con
minore o maggior voglia, il lavoro proposto.
Buono
il tentativo di Alessia di ambientare la storia nella realtà locale.
Il
postino Alfredo, che come suo solito si è ubriacato, è caduto in un
fosso nel paesino di Lumellogno, luogo dimenticato da Dio nel cuore
della Pianura Padana.
Dopo
qualche ora, il primo cittadino, cioè il sindaco, passò per quella
strada, lo vide, e passò oltre.
Successivamente,
il parroco, don Camillo, andò per quella medesima strada, lo vide, e
passò oltre.
Dopo
qualche minuto, arrivò Abdul, il venditore ambulante di cose
inutili, lo vide e ne ebbe compassione. Lo curò con le cose che
aveva, poi lo portò al circolo “I gatt da 'Mlogn” e disse al
barista: «Curalo e
abbine cura! Poi ritornerò da te e ti rimborserò».
Così
rappresenta la nuova storia Andrea G.
A
questo punto viene proposto un ulteriore sforzo.
Don
Andrea, però, nel bollettino parrocchiale, diceva anche che bisogna
soccorrere non solo i bisogni materiali (povertà, malattia, …), ma
anche quelli morali che possono derivare da condotte di vita
sbagliate. Quindi, Abdul, dopo averlo curato, dovrebbe dare qualche
buon consiglio ad Alfredo.
Qui,
facendo riferimento a criteri più salutistici che morali, la
risposta suggerita è più in sintonia con l'etica pragmatica di
oggidì e tutti centrano il bersaglio, consigliando ad Alfredo una
maggior temperanza.