Tra gli insegnanti e i genitori, c'è chi pensa che le regole siano universali, ma è facile capire che non è vero.
A tavola, per esempio, il maiale è impuro per ebrei e musulmani, mentre per i cristiani diventa tale solo di venerdì.
L'esempio non è scelto a caso, perché nei tabù alimentari e nelle buone maniere a tavola hanno origine le civiltà.
Altri pensano che le regole siano naturali: che non si debba uccidere, è condiviso da tutti.
Tranne che dalla natura.
Infine, si pensa che siano giuste, ma anche in questo caso occorre andarci cauti. Certe regole degli antichi Romani a noi non sembrano più, giuste e quello che sembra giusto in oriente non sembra tale in occidente e viceversa.
Il concetto di giustizia cambia nel tempo e nello spazio.
Dunque l'unica opzione rimasta è che le regole siano utili.
Si fondano e si condividono, dunque, sulla base della loro efficacia. In primo luogo relativamente alla sicurezza e incolumità di ognuno e secondariamente ai fini di assicurare le condizioni migliori per insegnare e imparare.
Ovviamente devono però essere anche temperate: legare e imbavagliare i bambini è un modo sicuro per garantirsi che non si facciano male e che non disturbino le lezioni, ma non credo si possa fare.
Per quanto siano utili e vengano temperate le regole non soddisfano tutti, né potrebbero farlo: ogni individuo, ogni famiglia, ha un suo universo morale - e addirittura un proprio privato linguaggio - rispetto al quale ogni regola posta dal di fuori può collimare solo in parte, o addirittura non collimare affatto.
Per quanto riguarda gli adulti, è evidentemente lecito che possano mettere in discussione le regole. Il problema è trovare la sede opportuna per farlo, che non può essere né il capannello delle mamme fuori scuola - che lo ridurrebbe a pettegolezzo inutile e fastidioso - né il colloquio con l'insegnante, perché le regole non sono oggetto di contrattazione privata.
Evidentemente l'unica via percorribile è quella della assemblea di classe, dove ognuno si assume le proprie responsabilità e condivide osservazioni, considerazioni e proposte.
I bambini, invece, non devono nemmeno sognarsi di mettere in discussione le regole, e non vanno incoraggiati a farlo.
Ma, si può obiettare che i genitori potrebbero condividere le critiche che il bambino fa alle regole.
Facciamo finta che sia così (in realtà il bambino critica le regole quando sono in contraddizione con quelle a cui è stato abituato, e quindi è lui che condivide l'universo normativo dei genitori, e non il contrario), in questo caso, il genitore dovrebbe comunque invitare il bambino a rispettarle.
Questo perché quello che abbiamo detto prima, circa l'utilità delle regole, è solo parzialmente la verità.
In realtà la funzione principale delle regole nei primi anni di scuola è quella di stimolare lo sviluppo sociale del fanciullo.
Il bambino appena nato, dopo nove mesi di full immersion nel liquido amniotico, ha difficoltà a distinguere i confini tra se stesso e il mondo. E' convinto, anzi, di essere lui tutto il mondo che c'è.
Quando poi comincerà a distinguere tra interno ed esterno, continuerà a lungo a credersi il centro del mondo.
Nel suo rapporto con la mamma verificherà le prime contraddizioni di questa sua convinzione. Ma fin quando il rapporto è tra due poli, è difficile distinguere le cause dagli effetti, e il bebè resterà molto egocentrico.
Solo con il rapporto con il papà, o chi per esso, cioè con la costituzione di una triangolazione, il bambino sarà finalmente sufficientemente decentrato e padrone della propria soggettività.
Qui comincia un percorso di socializzazione che, all'ingresso della scuola materna è già a uno stadio avanzato.
Il bambino ha già appreso delle regole, sa quello che la mamma, il papà e i nonni approvano o disapprovano.
Ma tende a ritenerle assolute. Sarà proprio il confronto con il più ampio ambiente sociale della scuola che gli permetterà di relativizzarle.
Dunque le regole servono soprattutto al bambino sul piano cognitivo e non normativo, gli servono più per imparare ad imparare che non per comportarsi bene.
Ne consegue che gli farebbe bene, per lo sviluppo delle sue capacità, adeguarsi anche a una regola arbitraria (purché non criminale).
I piccoli, dunque, osserveranno anche le regole che a papà e mamma non piacciono. Poi. se tutti insieme vorremo cambiarle, tanto meglio.
m. p.
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